Via Salaria 971, camerate vuote, quella sorta di cubicoli in cui erano state suddivise, a mo’ di striminziti alloggi, adesso sono deserti oltre che luridi. Oggi sono stati sgomberati gli ultimi cinquanta nomadi, quasi tutti dalla Romania, oltre dieci bambini.
A iniziare e a sorvegliare l’operazione è stato il gruppo Sicurezza Pubblica ed Emergenziale della Polizia di Roma Capitale cui si sono aggiunti agenti del III Gruppo Monte Sacro al comando del dottor Ugo Esposito. Insieme a loro, investigatori del commissariato Fidene-Serpentara e militari dell’Arma. La loro presenza era anche per comprendere un paio di situazioni. Si tratta di due nomadi, entrambi agli arresti domiciliari nella struttura della Salaria, tutti e due spariti, quindi tecnicamente evasi: l’uomo ha fatto perdere le proprie tracce da tempo e, forse, ha fatto ritorno nel suo paese in Romania; la donna che, essendo incinta, invece di andare a firmare due volte al giorno dai carabinieri, avrebbe dovuto farlo solo una volta, ma stamattina, durante lo sgombero, non c’era neppure lei.
Tutti per strada con reti, materassi, borse, qualche mobile, alcuni frigo, tutto da caricare su malandati furgoni o sul tetto di auto, un paio di grossa cilindrata. In alcuni momenti sembrava quasi una sagra, fette di anguria, frutti, è comparso anche qualche gelato, naturalmente bucce e carte sono finite a terra.
Solo all’inizio un momento di agitazione, in tanti già nei trenta giorni precedenti, avevano rifiutato la sistemazione proposta dagli uffici comunali. «Di quelli che vede qui solo due o tre famiglie sanno di sicuro dove andare – racconta una nomade – In tanti casi separano mogli e figli dai mariti, portando le donne a via Assisi. Non si può spezzare famiglie!».
«Ho mio marito malato di cuore, è stato operato e adesso ci separano – dice Nadia – Deve prendere medicine, devo seguirlo».
Le storie si accavallano, quelle diMenette Mariu, Mustafa Vasili, Curta Vasili, Suciu VictorCurta Ghita, Mitafa Marius, tutte storie simili, di divisione immediata dopo lo sgombero se si vuole continuare ad avere assistenza. Poi si vedrà.
Il problema raccontato da altri è che non si tiene conto delle etnie e dei paesi di origine: «Ti pare che io dalla Romania e altri dei nostri, possiamo stare insieme agli iugoslavi? Finisce male!».
Alle origini di ogni male è la pessima gestione-nongestione dell’immigrazione e degli insediamenti rom o, se si vuole, la gestione da malaffare, affaristica e mafiosa, finita, come si sa, sotto inchiesta. Il centro sulla Salaria doveva servire solo come soluzione-tampone nel 2009 quando vi furono trasferiti i circa 130 nomadi fatti sgomberare dallo storico campo-città Casilino 900. Invece questi rimasero sulla Salaria e si moltiplicarono con nuovi arrivi avvicinandosi pericolosamente a quota 400 ospiti. Il tutto con servizi igienici senza finestre e senza areazione, un bagno ogni 20 persone, dodici metri quadri di camera-cubicolo a famiglia, quindi per 4 o 5 persone.
Stamattina, appena finito lo sgombero, è bastato entrare nel centro per rendersi conto delle schifose condizioni igieniche avallate per quasi sette anni dal Comune (osservate le foto qui pubblicate): sporcizia infinita, letti malmessi o a terra, rifiuti ammassati accanto a tavoli ricolmi di tutto, pavimenti luridi, rubinetti dei servizi che riversano acqua senza freno.
Da scandalo.
Mai nessun medico delle asl, nessun funzionario di enti pubblici o di enti non governativi, è mai entrato, mai fatto sopralluoghi, mai segnalato nulla?
Per Quasi sette anni?
Eppure il puzzo è evidente, la sporcizia pure, le precarie condizioni igieniche del tutto lampanti, senza contare che al fetore di questo luogo si aggiunge quello del non lontano impianto Tbm dell’Ama e l’altro “olezzo” lasciato a ondate dai mezzi che da e per il sito Ama, in transito sulla stessa Salaria.
Una bomba biochimica e di sterminio di massa, si potrebbe definirla così volendo esagerare.
Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio, presente durante l’operazione di sgombero, ha chiarito le idee sul destino di questi nomadi al di là delle loro concitate e affollate dichiarazioni: «Non ho dato consigli perché ognuno è padrone della propria vita e decide da solo, ma ho illustrato scenari: rifiutando le soluzioni alloggiative si esce dal programma di assistenza del comune, poi sarà complicatissimo rientrarvi. Nell’emergenza donne e bambini se accetteranno la soluzione proposta, resteranno nel programma, fratelli, mariti e nipoti andranno in sistema d’accoglienza per gli uomini. Più avanti si farà in modo di ricongiungere le famiglie. Di certo questo modo di fare non coincide con quanto previsto dalla Strategia Nazionale per l’inclusione dei rom, approvata dal governo nazionale nel 2012, ma rimasta senza seguito: solo la Regione Lazio ha istituito lo scorso marzo un tavolo che si occuperà di questo. Per il resto il nulla».
Allo sgombero c’era anche il nuovo assessore municipale alle Politiche sociali, Servizi alla persona, Politiche sanitarie, Giuseppe Sartiano: «Era una situazione scandalosa da sanare, qui non si può vivere stabilmente. È stata trasformata da struttura d’accoglienza temporanea, non adatta a insediamento stabile, a struttura definitiva per molte famiglie ospiti: c’è chi qui è stato da oltre sei anni. Poi da risolvere l’enorme contenzioso con la proprietà della struttura che adesso sarà riconsegnata a chi ne è proprietario e prestissimo. Poi vedremo che ne farà».
Il sito sarà presidiato per almeno un paio di giorni dagli uomini del III Gruppo della Polizia di Roma Capitale, sforzo non da poco visto che devono badare anche ad altre emergenze e, ogni giorno a rotazione con altri gruppi, badare anche al doppio campo nomadi di via Salviati… vero far west romano. D’altra parte occorre sorvegliare, la recinzione del centro sulla Salaria è crollata in più punti, l’accesso è agevole da tanti varchi: chi volesse intrufolarsi non avrebbe alcun bisogno di passare per la cancellata principale.
Infine, alla memoria di “datato” cronista torna in mente quando ai giornalisti, parecchi anni fa, fu presentato questo stesso centro, la sala cine-teatro da ristrutturare, gli spazi interni da far diventare polo di tante iniziative culturali, un loogo che sarebbe dovuto diventare risorsa preziosa per il III Municipio.
Furono parole sparse al vento da molte bocche e poi impresse con grande spreco d’inchiostro sulle pagine dei giornali.